Articolo del 26 luglio 2020 di Daniele Ferrara

La storia di un culto e di un uomo che ebbe grande importanza per i nostri antenati

Il culto di Asclepio a Messina

La città santa di Asclepio è Epidauro, ma gli erano consacrati molti luoghi; anche in Sicilia e a Messina, e proprio insieme alla paredra Igea. Un tempio, o casa di cura, si trovava in luogo del Duomo o nei pressi. In più periodi furono infatti rinvenute iscrizioni in loro onore – una con dedica all’imperatore Antonino Pio – e una stupenda statua della dea Igea che attualmente si trova esposta al Museo Regionale di Messina.

Questo simulacro raffigura la dea – rimasta senza la testa purtroppo – in piedi e avvolta da un grosso serpente, che nell’antichità era simbolo sia del veleno che della cura; non è un originale ma una copia romana, e se ne potevano trovare altre anche in altri luoghi. Perduta, invece, è la colonnina in granito riutilizzata per sostenere l’acquasantiera del Duomo, sulla quale c’era incisa da un lato una dedica ad Asclepio e Igea e dall’altro quella ad Antonino Pio. L’altra iscrizione, sempre con i nomi del dio e della dea, era su di un altare in marmo riciclato come base di fonte battesimale.

Nell’antichità in alcuni luoghi di culto si guariva attraverso la pratica dell’incubazione: la persona ammalata doveva dormire nel luogo sacro, e durante il sonno sarebbe stata guarita dalla deità ivi residente. Altra credenza era quella in acque curative miracolose (che ancòra ritroviamo a Lourdes); vista la vicinanza al torrente Portalegni, è possibile che la celebrazione di Asclepio a Messina avesse a che fare con le acque.

Non è facile identificare la posizione esatta del santuario, ma, se si trattava d’un esteso complesso templare (e purtroppo ora non lo possiamo sapere), forse ne faceva parte la cosiddetta Cripta del Duomo, giacché tutte le chiese più antiche del centro storico di Messina furono insediate in precedenti templi dell’antica religione appena ciò fu permesso e raccomandato dalla fazione cristiana al potere.